Gli esempi reali: la prova sociale è ovunque
Non serve parlare solo di Instagram. La prova sociale governa ogni settore.
Gli chef stellati
Molti ristoranti stellati sono prenotati per mesi prima ancora che il cliente medio abbia provato la cucina.
Ci vai perché ci vanno gli altri.
Ci vai perché il nome “riempie” il locale più dei piatti.
La moda e l’effetto celebrità
Un brand sconosciuto può rimanere invisibile per anni.
Poi una celebrità indossa un suo capo una volta e il giorno dopo è sold-out.
Il prodotto è lo stesso.
La percezione no.
Locali e discoteche
Non è un segreto: molti locali usano da decenni la stessa strategia.
Aprono, riempiono con staff, PR, amici, e fanno entrare il pubblico quando il locale “sembra pieno”.
Perché funziona?
Perché nessuno vuole entrare nel locale vuoto.
E, allo stesso modo, nessuno è attratto da un profilo social che appare deserto
E i profili social professionali cosa c’entrano?
C’entrano eccome.
Oggi ci sono migliaia di professionisti, consulenti, coach, freelance, esperti, creator, tutti con qualcosa da dire.
Un potenziale cliente scorre ogni giorno centinaia di contenuti.
La sua attenzione dura frazioni di secondo.
In quel tempo ridicolo il cervello deve decidere:
“Vale la pena?”
“È uno sconosciuto qualunque?”
“È affidabile?”
“Lo seguono già altri?”
Qui arriva la realtà scomoda:
Un profilo con 129 follower non comunica autorevolezza.
Un profilo con 3.800 follower sì.
Anche se i contenuti sono identici.
Anche se il servizio è lo stesso.
Anche se nessuno dei follower acquistati comprerà mai nulla.
Perché la prima barriera non è la qualità.
È la percezione.
E la percezione è pesantemente influenzata dai numeri, come mostrano gli studi su reputazione e fiducia online.
Comprare follower è la soluzione? No. Ma può essere una strategia.
Mettiamo subito in chiaro una cosa:
Non compri follower per vendere.
Non compri follower per aumentare l’engagement.
Non compri follower come scorciatoia verso il successo.
Quello che compri — se lo fai con criterio — è immagine.
Un segnale sociale.
Una base minima che dice: “Qui c’è movimento.”
È lo stesso principio delle folle iniziali ai lanci dei negozi, dei PR che riempiono i locali, delle code all’ingresso degli store più famosi, delle recensioni incentivate sulle piattaforme.
Vogliamo davvero fingere che tutto questo non esista?
Che il mondo offline non usi da sempre gli stessi identici meccanismi?
Sarebbe poco onesto.